RIVELAZIONI SOTTESE-exhibitions, curator text Francesca Marinetti

Danica Ondrej Rivelazioni sottese

Curatorial text

Francesca Barbi Marinetti

Danica Ondrej è artista slovacca. Nata e cresciuta in una Bratislava facente parte della Cecoslovacchia, nonché capitale della Repubblica Socialista Slovacca, si è formata poi all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Trascorre in Italia 18 intensi anni, conciliando con successo il suo impegno tra studio e lavoro. Il diventare madre segna necessariamente una cesura con lo stile di vita adottato fino a quel momento, che la porta dopo qualche anno a voler sperimentare un rientro in patria.

È un ritorno importante per Danica. Un tempo cairologico direbbero gli antichi greci. È un’opportunità per riavvolgere il nastro della distanza tra la donna che è diventata e il mondo da cui proviene, facendo convergere l’esperienza artistica acquisita a Milano con il recupero della propria matrice di origine. La Slovacchia è una nazione attraversata e compenetrata, oltre che dall’imponente Danubio, da molteplici identità e culture, tra cui magiare, ceche e austriache, che le ha conferito un respiro mitteleuropeo di ampia portata e l’ha poi segnata con il regime condizionando la ricerca nello stretto binario di una comunicazione tra le righe. Un’identità subito percepibile nel lavoro artistico di Ondrej dal particolare gusto pittorico che prende le distanze da un figurativo tratteggiato per indagare attraverso la stratificazione del colore la pregnanza dell’indelebile che emerge prepotentemente per cercare la propria voce. Per Danica porsi il problema del perché accadono le cose nel disagio sociale fa parte del proprio vissuto. Pur riconoscendo una componente mandalica dell’atto pittorico – per cui agendo l’artista viene percorso da energie che lo trascendono rendendo più pulsante la materia creativa – Danica rifugge il concetto del pittore solitario arroccato in una torre d’avorio. Il materiale su cui lavora è quello che emerge dalle storie delle persone, passate e presenti, ed in particolar modo dal mondo di oggetti sommersi della quotidianità femminile, in quanto universo da esplorare per l’essersi espresso a latere con linguaggi propri, persistenti ma silenziosi, e mescolati alle molte cose del vivere. Il lavoro pittorico di Danica è quello di far emancipare a soggetto la traccia sottesa dell’universo femminile. I manufatti e gli utensili delle donne rappresentano il simbolo di un lascito spirituale potente e di un’antica forza del resistere e persistere. Una sapienza intima che in molte donne fa emergere una sorprendente finezza d’animo a fronte della durezza della loro storia. Tale risposta ulteriore al disagio ne rappresenta il superamento. Ed è così che le storie individuali, seppur isolate, preservano un tesoro capace di guidare altri in direzione salvifica. Perché è proprio l’unicità di queste storie a salvare dall’anonimato. Ma l’individualità necessita di una rete di complicità per farsi sentire. “Le cose unite sono quelle che vengono attraversate da un filo” diceva Maria Lai, l’artista sarda dei telai apprezzata da Danica, e la cucitura del filo è operata dall’arte. La città come luogo di confronto di istanze sociali, in quanto riflesso dei cambiamenti e sistema culturale di riferimento, è per Danica Ondrej di forte richiamo proprio per il rapporto diretto che l’ambiente urbano ha con l’attività estetica. Tornata a Bratislava Danica si immerge tra le persone, frequenta gallerie e locali, per un periodo gestisce un posto di ritrovo e di incontro per anime inquiete e creative, che diventano talvolta soggetti delle sue opere. Lo stesso studio dell’artista è open, concepito come un luogo dove le cose accadono anche grazie alle persone che si incontrano, in cui l’artista lavora e promuove la propria arte, ma al contempo accoglie ed emana energie nel confronto vivo con altre presenze.