Rivelazioni sottese

Personal Exhibition/ D.d’Arte gallery/Roma/Italy/2020

curator Francesca Barbi Marinetti, Karima Ruzzi.

   Il lavoro dell’artista si compone di una coesistenza di caratteristiche: il talento, il forte spirito di osservazione, l’apprendimento di numerose tecniche espressive che vanno al di là di quelle pittoriche, la curiosità, ma soprattutto l’affannosa ricerca di risposte che lo portano a porsi come un’analista della società in grado di rappresentare le emozioni della mente collettiva e individuale. La forte sensazione di caos, la perdita di armonia, le continue distrazioni hanno portato la società ad un senso di smarrimento rispetto alla dritta via. Al contempo però di strade ne ha aperte di nuove soprattutto per quanto riguarda la parità di genere. La donna contemporanea si trova oggi ad avere maggiori libertà rispetto alle proprie
madri.

RIVELAZIONI SOTTESE

Slovenský inštitút v Ríme
2020

     In un incontro tra due mondi dalle tonalità diverse si muovono suadenti e solitarie le donne di Dana. Il soggetto femminile risulta predominante, eppure ognuna delle sueprotagoniste indaga e si concentra su un aspetto differente dell’umanità intera, riflettendo sul suo rapporto con la realtà contemporanea. Le origini slave e la formazione italiana dell’artista si riflettono nella sua originale tecnica mista. Le linee non marcano ma accennano delle figure che si confondono con l’ambiente in cui sono immerse e da cui si distaccano a tratti. Qui abbondano gli elementi tratti dalla vita quotidiana: pizzi, merletti, fogli di giornale entrano nell’opera con vivacità e frenesia. Le donne sembrano sospese in un altrove e solo avvicinandosi ci si accorge di come siano vive e al contempo frammentate.             KARIMA RUZZI

POP-UP GALLERY

2019 - March - April - May

Bratislava Slovakia

"OLTRE LA LINEA" POW gallery Torino
2013

2012 – ”Silence of words” STUDIO RAFFAELLO GIOLLI Milano
2012 – “Silezio delle parole” POW GALLERY Torino

Testo critico di Lorenzo Bonini

Danica Ondrejovič è già ben dentro all’incognita della materia con l’interiorità della visione gremita e grondante, prosciugata d’ogni orpello retorico. Per comprendere come è avviata allo svolgimento di una poetica della materia in un senso molto prossimo alla posizione della lettura di Bergson, soprattutto del primo Bergson di “Materia e memoria” oppure dal testo “Saggio sui dati immediati della coscienza”, oltre che della poetica di Eugenio Montale e Svevo, va ricordato come l’artista stessa metta in risalto la sua formazione mitteleuropea. Nata a Bratislava, alla base delle sue letture vi è, e assume un rilievo particolare, quel movimento underground dissidente ceco, composto da quel gruppo di persone ristretto nel numero, che ebbe un’influenza sull’intera società e sulla vita culturale boema. Un’influenza che si manifestò ben maggiore in seguito, quando il gruppo non esisteva più, sulle generazioni degli anni Settanta e Ottanta.

Un’influenza esercitata attraverso canali segreti e ancora in parte da scoprire, ma certa, tanto che queste persone sono oggi a Praga delle leggende e certamente dei punti di riferimento insostituibili per una gioventù che si cerca tra le rovine e la confusione del presente. Un gruppetto di persone, ripeto, molto efficaci, intellettuali come Bohumil Hrabal, Vladlmir Boudnik, Egon Bondy, Ivo Vodsed’alek che scrivevano e conducevano un’esistenza da bohémien, pubblicavano testi proibiti in una collana samizdat che sì chiamava Půlnoc (Mezzanotte) molto prima che si affermasse il samizdat politico, conducevano esperimenti artistici ed esistenziali, abitavano quasi tutti nello stesso quartiere di Libeń alla periferia di Praga, all’Argine che è il nome della strada definita da loro all’Argine dell’Eternità.Egon Bondy, autore di noti libri di ontologia (sotto il nome di Zbyněk Fišer), ma anche autore dei testi delle canzoni dei Plastic People, il gruppo rock simbolo della ribellione giovanile negli anni Settanta, (Havel stesso ricorda in: “Interrogatorio a distanza” come proprio dall’arresto dei membri di quel gruppo nacque il movimento dissidente Charta 77). Ebbene Egon Bondy è il testimone della ribellione anticonformista, dalle esperienze underground a cavallo degli anni Cinquanta, fino alla protesta rock degli anni Settanta e Ottanta. Ma anche Hrabal, è un’altra prova vivente dell’influenza esercitata da quelle personalità sulla società cecoslovacca, Bohumil Hrabal con milioni di copie dei suoi libri dalla ironia corrosiva letti dai suoi connazionali. Un piccolo e vivace movimento dissidente underground con analogie alla beat generation americana, ciò che accomuna i due «movimenti» sono proprio i lrifiuto di queste situazioni politicizzate, con i loro anatemi e cacce alle streghe. Si trattava di due «movimenti» artistici ed esistenziali che coltivano la sperimentazione e l’intemperanza, la ricerca per l’arte e per la vita privata di uno spazio autonomo dalla politica. A Praga si leggeva in quel periodo, le impressionanti parole di Jana Černá – alias Honza Krejcarová – celebre scrittrice di “Clarissa” e di “Zprava o mem otci” (Rapporto su mio padre) e la raccolta di poesia e lettere “In culo oggi no”. Honza Krejcarová si vedeva figlia di Franz Kafka e della giornalista Milena Jesenká, mondialmente nota per la sua storia d’amore con il grande letterato ebreo-cecoslovacco. Jana Černá il cui nome da nubile era Honza Krejcarová, scriveva in apertura del suo libro Clarissa:“…Ne avevo abbastanza di guardare la crescente perfezione delle mie unghie, sognando le pose in cui accogliere gli amici borghesi…”. Ecco dove Dana Ondrejovič attinge, apprende, ricerca, trasla, per esibirci anch’essa la fisionomia di nuove tematiche sviluppate nel solco della cultura mitteleuropea. Divulgatrice del patrimonio intellettuale boemo, crocevia dei popoli ceco, tedesco, ebraico e straordinario punto d’incontro di culture nel cuore dell’Europa. A questo punto, la bella Dana, è toccata dai rivolgimenti artistici che si producono intorno a lei, il suo è un rapporto col pensiero filosofico puntualmente messo in luce dalla critica militante, utilizza una maggiore aridità rispetto alle più note trasposizioni dell’informale, forse per una più serena riflessione sull’idea stessa di materia, di trama e spazi pittorici.

Senza nulla perdere in schiettezza d’emozione, in densità evocativa, semmai intuendo quanto intrigante e perché no arduo, fosse il legame col “naturale” lo scandaglio che proprio attraverso tale legame lei va facendo sulla pittura. Questioni come tempo e coscienza, quantità fisica e qualità psichica, percezione, ricordo puro e ricordo d’immagine, toccano da vicino questa sua pittura di materia che è già oltre l’Informale senza rimuovere tuttavia la memoria.

Da un lato la propensione allo scandaglio e alla meditazione sulla struttura dell’opera, dall’altro l’intuizione ermetica intesa come forma di conoscenza poetica della realtà, diventano coordinate generali per tutti gli sviluppi successivi. Anche ove si avverta un richiamo più forte, come in un lento trasudare di umori in un emergere di pagine pulsanti, insomma, di vero e proprio luogo della memoria lasciato alla sua essenza di materia e di luce cantata, che da voce al silenzio di quelle parole mancanti nelle saggezze collettive. Oserei dire ispirato dal groviglio dell’anima fino all’immagine virtuale di un silenzio fatto di suoni antichi per parole nuove, intrise di

significati futuri. E qui non so quanto possa essere utile interrogarsi sul livello di questa pittura dal passo inequivocabile. Dove i riferimenti oggettivi sono semmai il tramite per parlare di pieni, di vuoti e di assenze, ma soprattutto di scabro tessuto pittorico, di tracce, impronte, una seduzione all’annotazione pittorica intrisa di qualità evocativa. Non di rappresentazione, qui tutto è filtrato, depurato da scorie descrittive, sospeso in un tempo della coscienza in cui baluginano segrete corrispondenze. Materia, spazio, vuoto e luce per quanto comportano in termini di metafora visiva e di memoria storica della pittura. Non è l’apparenza del soggetto, ma il “grado di penetrazione” di cui parlava Proust che fonda la corrispondenza fra materia e accumulo, stratificazioni psicologiche e condensazioni. Ecco, con la “durata” della coscienza, il colore che tende alla luce, come a una sua qualità insieme visiva e psicologica. Forse Danica Ondrejovič ha avvertito il rischio, in questo suo lavorio appartato e tenace di poetare con lemmi silenziosi ineditati tra i confini della pittura e abbandonarsi alle sue seduzioni, perdersi in una ricerca di qualità tanto più complessa e ricca di sottintesi, quanto più densa di rimandi e attinenze memorabili. Anche in questo caso la scelta della cancellazione e del disseccamento della materia, l’abrasione praticata fino alla trasparenza di un velo di luce assume un ruolo fondamentale.

Una sottile penetrazione emotiva nella ricerca di quell’unità della trama pittorica che nobiliti le grezze pungenti screziature, lacerazioni, rugosità, densità e affioramenti dei valori tonali, questo in virtù della consapevolezza è il presupposto della pittura, il suo confine autentico messo a nudo da pratiche utilizzate fino alle estreme conseguenze. Un lento studioso procedere in una dimensione interiore, che viene alla luce in equivalenti visivi che si condensa nel travaglio della materia, nel suo depositarsi, nel ristagnare nell’ombra dei blu, dei neri e del bianco, tra le tracce incise dal correre delle setole del pennello. Tra le trasparenze dei voli pindarici del silenzio di parole in altra occasione pronunciate e mai scritte, nel riaffiorare dei segni di esse, orme, tracce e tratti di diciture d’epigrafi interpretate sullo sfinire del respiro flebile del colore in una luminosa rarefazione, tenera come il muschio saturo di rugiada trasparente. Di grigi e azzurri stinti come uno sfiorito intonaco, con tracce di rosa antico e di blu sbiadito, sinopie e segni che raccontano il silenzioso lungo trascorrere del tempo. Canovacci appena intuibili di ombre struscianti tra grumi di terra, rugosità di scorze e orditi di juta trasparenti, filtranti di luce impalpabile dell’aria poetica dei sogni, in una armonia insinuante come il desiderio. Senza precludersi nulla, Dana Ondrejovič, se non l’ovvietà del riferimento esplicito e l’epidemicità delle piccole sensazioni, in questa pittura, densa di memorie come di rinnovate emozioni, si fa essa stessa immagine di un
precipitato temporale ove storia e vita presente, coscienza ed emozioni si attivano reciprocamente. Anzi, vivono ormai di una vita osmotica nel tempo ritrovato della pittura. 

2014 – ART.0. Group Ehibition Milano ITA
2011 - Concept Spazi Possibili, Spazio concept, Group Exhibition Milano
2010 - "Metropolis", "In Tortona" Group Exhibitions
metropoli

Group Exhibitions:

2021 – Syart festival Sorrento Italy https://www.syart.it/syart-sorrento-festival-v-edizione-2021/

2019 – Collective exhibition of Association of Slovak Artists Bratislava
2014 – ART.0. 9 http://1995-2015.undo.net/it/mostra/173294
2012 – Inside Marilyn – Combines XL Gallery, Milano
2012 – “Emotion Art” Biennale Internazionale Artistica – 2 Edizione, Torino
2012 – Milan Image Art Fair – Spazio 81, Milano
2012 – Arte Accessibile Sole 24 ore, Spazio Orlandi, Milan
2012 – 22 Pittori Italiani, POW Gallery – Piazza Castello, Torino
2012 – AAF (Milano)
2012 – Kunstart 12 (Bolzano)
2011 – Concept Spazi Possibili, Spazio concept(Milano)
2010 – Brera Contemporanea (Milano)
2008 – Primo Salone Accademia di Belle Arti di Brera (Milano)

ART Studio by Nino Mustica my art works befor 2007